Tre giorni per danzare con chi non c’è più
- Filippo Manassero
- 11 ago
- Tempo di lettura: 3 min
Dal 13 al 15 agosto, in Giappone, il tempo si apre.
Non in avanti, ma all’indietro.
Si spalanca per accogliere chi non c’è più.
Si accendono fuochi. Si apparecchiano altari.
Si danza in cerchio. Si accolgono gli spiriti.
Si condivide il silenzio.
Ho scelto di parlarti di questa festa antica e intensa
perché sento che può diventare anche per noi un’occasione.
Un invito a rallentare, a guardarci dentro,
a restare in ascolto.
Siamo nel cuore dell’estate.
Non per tuttə è tempo di vacanza.
Ma anche tra chi resta, chi corre, chi si affanna,
c’è un silenzio diverso nell’aria.
Come se l’anno stesso si prendesse un respiro.
Un passo indietro. Un passo dentro.
E allora ho pensato:
perché non usare questi giorni per fermarci insieme?
Per meditare.
Per ricordare.
Per lasciare andare.
Per fare spazio, come si fa quando si apparecchia la tavola per un ospite.
🔥 Il fuoco che accoglie
Il primo giorno dell’Obon si accendono fuochi chiamati mukaebi.
Sono luci che servono a indicare la via agli spiriti.
Si accendono davanti casa, come a dire:
“Puoi tornare. Qui sei ancora atteso. Qui sei amato.”
Ti invito a fermarti un momento e a chiederti:
Chi stai ancora aspettando?
Non nel mondo, ma nel cuore.
C’è un nome che non hai più pronunciato?
Una presenza che non hai più lasciato entrare,
per non farla svanire del tutto?
Che tu possa accendere il tuo fuoco.
Che tu possa dire:
“Se vuoi, puoi tornare. Io sono qui.”
💃 La danza che ricorda
Durante l’Obon si danza. In cerchio. Tutti insieme.
È una danza che ringrazia, che onora,
che unisce vivi e morti nella stessa corrente di gratitudine.
Si chiama Bon Odori.
Ti invito a riflettere:
Quali gesti ripeti senza accorgerti?
Quali movimenti, pensieri, parole continui a danzare
perché qualcuno te li ha lasciati in dono?
Siamo pieni di ciò che abbiamo ricevuto.
E anche se non li vediamo più,
siamo ancora in cerchio con chi ci ha fatto essere ciò che siamo.
🪷 Le offerte, il gesto del dono
In ogni casa si preparano altari con frutta, fiori, cibo.
Non si portano solo fiori ai morti.
Si offre loro il meglio di ciò che abbiamo.
Come si farebbe con ospiti d’onore.
E allora ti invito a chiederti:
Qual è il tuo modo di dire “grazie”?
Cos’è che puoi offrire oggi, simbolicamente,
a chi ti ha accompagnato per un pezzo di strada,
anche solo con uno sguardo?
A volte basta poco.
Un pensiero.
Un gesto fatto bene.
Un silenzio tenuto con amore.
🌊 Le lanterne sull’acqua
Alla fine dell’Obon, si accendono lanterne
che vengono lasciate galleggiare sui fiumi.
È il momento del tōrō nagashi.
Una processione di luci sull’acqua,
che accompagna gli spiriti al loro ritorno.
Non si trattiene.
Si saluta.
Si lascia andare.
Ti invito a chiederti, con dolcezza:
Cosa è tempo di lasciar andare, ringraziando?
Cosa non ti appartiene più,
ma continua a vivere dentro di te per abitudine, per paura, per affetto?
Lascia che una parte di te scivoli via.
Con rispetto.
Con gratitudine.
Come una luce sull’acqua.
Come un arrivederci che non fa rumore.
📿 Tre giorni per restare insieme
un contenuto per accompagnarti, ispirato all’Obon.
Non per spiegare, ma per camminare insieme.
Per ricordare che anche da qui,
anche nella nostra vita di adesso,
possiamo accendere una lanterna.
Possiamo danzare.
Possiamo restare vicinз a chi amiamo.
Anche se non lo vediamo più.
Se ti va, unisciti a questo piccolo cerchio.
Ci sarà spazio anche per te.
Con tutto quello che sei.
E con tutto quello che non c’è più, ma resta.
Con cura,
Filippo

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