Ho terminato oggi una decorazione infinitamente semplice, ma estremamente ricca di significato. Partiamo dall'inizio e torniamo a fine giugno scorso.
Mi squilla il telefono e vedo sullo schermo un numero che non ho in rubrica.
Rispondo e mi si presenta un architetto che dice di aver avuto il mio numero da Massimo Polello, mio amico e grande Maestro calligrafo.
Mi chiama per chiedermi se sono disponibile a fare un lavoro di decorazione in facciata, per la nuova e seconda sede dell'UGI, l'Unione Genitori Italiani.
Mi spiega per sommi capi ciò che prevede il progetto che mi invierebbe poi nel dettaglio via mail, e mi domanda se è possibile formulare un offerta "solidale”, che tenga conto dell'identità del committente.
Rispondo di essere disponibile a valutare il tutto e resto in attesa del progetto.
Il progetto arriva e mi piace tantissimo.
Sette lunette delle rispettive vetrine su strada, da decorare attraverso un alternanza di un cuore bianco inclinato su fondo blu (logo dell'associazione) e tre scritte in corsivo "ugidue" (realizzata da Massimo Polello), che dalle lunette si allungano sulla superficie della facciata, ad altezze diverse, attraverso la linea del corsivo calligrafico che diventa un filo a cui è attaccato un palloncino. Il tutto da realizzarsi in trompe l'oeil, al fine di creare l'effetto tridimensionale per percepire il filo e i palloncini sospesi e distaccati dalla superficie murale.
Il progetto è ambizioso, seppur semplice come apparato, resta complesso nella realizzazione. In quanto bisogna mettere in conto di lavorare su di un cestello mobile.
Calcolo il tutto e definisco i costi, cui applico una percentuale di sconto del 50%.
Il preventivo viene approvato con entusiasmo, ma ora bisognerà presentarlo al Comune per ottenere il nullaosta dell'Ufficio Colore. Ad inizio ottobre ricevo una telefonata e l’architetto mi informa che il Comune non ha dato il permesso e quindi mi viene inviato un nuovo prospetto ed io riformulo il preventivo, sulla base di ciò che è possibile fare. Peccato.
Concordiamo l'inizio lavori e la scorsa settimana mi reco in corso Dante 101 per iniziare. Armato di trabattello e pennelli affronto le 7 lunette.
Inizio il lavoro e dal trabattello, mentre stendo lo smalto sulle lunette, scorgo all'interno del locale da dietro le vetrine, un numero cospicuo di donne che aprono pacchi e ordinano e separano colli su numerosi tavoli. Mi sposto da una vetrina all'altra e per tutta la giornata, continuano incessantemente il loro misterioso lavoro.
Entro nei locali, per sistemare i miei attrezzi al riparo e scopro che sono delle volontarie, che stanno inventariando e preparando il mercatino di Natale per raccogliere fondi per l'associazione. Sono tante, come dicevo, e sono belle.
Di età diverse e tutte molto cordiali.
Mi riportano con la memoria a quando anche io mi adoperavo nel volontariato.
Riconosco le diverse personalità e ruoli. Il mio attivismo è durato 16 anni e ho ben presente le dinamiche in positivo ed in negativo interne all'associazionismo.
L'UGI opera a favore dei bambini malati di cancro ed alle loro famiglie.
Offre diversi servizi ed è famosa, almeno nella nostra città, per il suo lavoro interno all'ospedale infantile Regina Margherita e, a due passi dall'ospedale, vi è la prima sede storica, dove tra le altre cose offrono aiuto e alloggio alle famiglie che arrivano da altri territori italiani e che arrivano a Torino per curare i loro bambini.
Guardo queste donne. Alcune magari sono mamme. Altre potrebbero essere nonne, e inizio ad immagine storie e contesti.
Col passare dei giorni entro un po' in relazione con loro e parliamo di quanta incertezza ci stia accompagnando in questo periodo, e di quanto il loro preparare il mercatino sia un immenso lavoro che quest'anno, fanno senza sapere se sarà del tutto invano a causa dei possibili lockdown.
La mia fantasia corre e me le immagino in ospedale e ad un certo punto, riemerge un ricordo preciso. Anche io ho fatto assistenza in quell'ospedale, ma non seguivo i bambini malati di cancro.
Sono arrivato lì come volontario della LILA, la Lega Italiana per la Lotta contro l'Aids, quando una bambina che seguivo da tempo, malata di AIDS, fu ricoverata per un lungo periodo al Regina Margherita.
Sto lavorando alle mie lunette, ma con la mente sto ritornando a momenti di un passato remoto e molto intensi.
Ho accompagnato diversi adulti alla morte in quegli anni, ma accompagnare una bambina è stata tutta un'altra storia. Ho un ricordo preciso di quell'ospedale e di tutti i bimbi che ho visto nel mio entrare e uscire. Guardo dentro alla struttura quelle donne al lavoro e sento che le stimo e le comprendo.
Sono entrato nella LILA nel '92, avevo 23 anni.
Quando in famiglia ho detto che sarei andato a fare volontariato nel mondo dell'Aids, i miei genitori mi hanno pregato di non farlo, già sapendo che sarebbe stato inutile, ma ci hanno provato. Tornavo a casa dall'associazione e mia madre era sempre tesa, almeno all'inizio.
Aveva paura per me e anche per lei, perché in quegli anni la disinformazione e i pregiudizi erano al "Top della classifica"sociale.
Ricordo, non senza sorridere, di quella volta che tornai dal Regina Margherita dopo una serata devastante a fianco della "mia" bambina ricoverata, e mia madre mi disse:
"avrei preferito che avessi continuato a sdraiarti per terra".
Riferendosi a quando anni prima, andavo puntuale come un orologio a Genova, per bloccare pacificamente i mercanti d'armi alla fiera internazionale.
Ho terminato oggi una decorazione infinitamente semplice, ma estremamente ricca di significato. Che mi ha riportato alla mente tanti fatti personali e volti importanti e che, in un momento come questo, mi ha ricordato di quante belle persone è fatta la nostra società.
Anche se spesso non si vedono, ci sono.
Non fanno rumore, in silenzio si offrono e senza clamori, migliorano il nostro mondo.
Spero che questo mercatino possa aprire le porte e vi invito a presentarvi in prima persona.
Ringrazio l'Architetto Luciana Fracchia per la sua disponibilità, Massimo Polello per la sua amicizia e le donne dell'UGI per avermi risvegliato memorie preziose.
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