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Immagine del redattoreFilippo Manassero

Giacomo e le stelle

Non c’è volta che nel guardare il cielo e le stelle, il mio pensiero non vada a mio padre.

Non perché mi manchi o perché io non l’abbia "lasciato andare". Ma perché da bambino, sono state tantissime le volte in cui lui mi indicava le costellazioni. Mi diceva i loro nomi e tentava, attraverso un modesto telescopio, di farmi innamorare delle loro vibrazioni.

“Vedi? Quella é l’Orsa Maggiore e poco più in là, vedi? l’Orsa Minore!” “Guarda quella é Orione!" “E Sirio!? Vedi che luce diversa che ha?”

Io avevo grandi difficoltà a declinare l’idea di un'orsa, per di più “maggiore”, in una serie di puntini luminosi senza figurarmi il pelo, il muso e la sagoma dell’animale. Ma gli credevo e accettavo che un‘orsa nel cielo potesse avere sembianze diverse da quelle della terra, così pure per il cacciatore Orione. La sua preferita era Cassiopea, verso la quale io riuscivo a scorgere unicamente la sua eccitazione.


Così ancora oggi, come questa sera che stavo sul terrazzo a guardare il cielo, le costellazioni si mostrano e nel riconoscerne qualcuna, il mio pensiero va a lui.

Più avanzo nella mia vita e più mi accade di rendermi conto di quante analogie di comportamento e di "sentire", derivino dai miei genitori ed emergano in me. Questo probabilmente varrà anche per i miei avi, ma risulta un po' più difficile riconoscerle per uno che come me, è stato adottato e nulla conosce dal punto di vista biologico.

Però sono molto affascinato dalla teoria che afferma che prima di venire al mondo, l'anima sceglie l'esperienza che andrà a fare una volta incarnata. A partire da dove nascere e attraverso quali genitori, contesti, esperienze, talenti ecc. e quindi ogni tanto, mi fermo a fantasticare sulla donna che ho scelto per "abitare" il suo grembo nei nove mesi di gestazione. Alla sua storia, le sue paure, i suoi sogni e nel cuore la ringrazio per la sua generosità e per esserci prestati l'un l'altra alla realizzazione del nostro destino.

Fantastico sulle mie ignote origini dal punto di vista geografico :"chissà? magari a Torino ci sono solo nato". Mi fermo ad osservare certe mie particolarità e mi diverto a pensare che possano essere doni di miei avi.


Talvolta, ho avvertito negli altri che, al racconto della mia storia guardassero a me come ad una persona sfortunata. Abbandonato prima, adottato poi, i genitori che si separano ai miei otto anni, carriera scolastica complicata, omosessuale..."insomma ti manca solo la pelle nera". Invece per me è sempre stato il contrario. Il fatto di essere stato da sempre consapevole di essere stato adottato, ad esempio, mi ha sempre fatto sentire un "figlio del mondo". Senza vincoli biologici e solo con legami affettivi che potevo confermare o no.

In qualche modo è come se nel dirmelo fin da piccolo (sono stato adottato che avevo 6 mesi), i miei genitori mi avessero consegnato la possibilità di sceglierli anche io nel mio profondo o di non farlo.


Dal punto di vista biologico invece restano delle curiosità. Ricordo che verso i miei diciassette anni, un giorno a scuola guardandomi allo specchio ho percepito l'immagine sovrapposta di un'altro viso sul mio. Ero in quella fascia di età dove morfologicamente cambi rapidamente, ma ricordo perfettamente che mi guardavo insistentemente, nel riuscire a mettere a fuoco quell'altro viso che percepivo emergere come sotto pelle, dietro ad un velo, ma che non riuscivo ad afferrare. Perché appunto, sconosciuto.

In ogni caso, il fatto di avere in noi un patrimonio genetico ed anímico vale per tutti e tutte.

Accettare che il nostro essere qui, non può prescindere dal mistero, è un passaggio fondamentale per evitare di ostinarsi a voler comprendere sempre e tutto con la mente.


A me la mia storia piace. E' la mia "serie" preferita. A volte ci sono colpi di scena, stagioni meno eccitanti di altre, tragedie, passaggi esilaranti, ma tutte si collegano e sono necessarie a tenere in piedi la sceneggiatura.

A volte mi sembra di aver già visto la puntata, altre ho l'intuizione di quello che avverrà, altre ancora emergono spiegazioni a questioni che erano rimaste in sospeso nella stagione precedente. Alcune volte il ritmo cala e diventa un po’ noiosa, ma è sempre e solo perché io mi dimentico di non prendere tutto veramente sul serio, mi dimentico che tutto è impermanente e mi aggrappo alle scenografie o ai vestiti di scena. Fin tanto che non mi risveglio sul divano e allora tutto di nuovo prende a scorrere. E se la teoria dell'anima che sceglie, è vera. Vuol dire che non c'è un vero inizio e una vera fine. Vuol dire che tutto si muove in un tempo che ha una dimensione circolare e che l'unica cosa che potrebbe fare la differenza, è la memoria.


A questo proposito, un'antica leggenda ebraica che trovo bellissima, si presta perfettamente per chiudere questo post.


L’origine del misterioso rientro che ogni persona ha sul labbro superiore e' spiegato in un’antica leggenda ebraica. Secondo questa leggenda, un angelo insegna tutta la Torah alla creatura che attende di nascere poi, al momento del parto, l’angelo sfiora con un dito il bambino, tra la base del naso e la bocca, (come a dire: ”Shh”) e cancella tutto il suo sapere. Il bambino, nascendo, dimentica tutto ciò che ha imparato nel grembo materno: nasce puro e ignaro, ma con il segno di quel tocco sul labbro superiore.

Questo, dunque, implica che la conoscenza è presente, solamente dimenticata, simile al concetto junghiano d’inconscio collettivo. Spiega anche che è per questo, che quando inseguiamo un'intuizione o un pensiero che ci sfugge, ci portiamo automaticamente il dito a quella significativa scannellatura.

( La Genesi spiegata da mia figlia - Haim Baharier)


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