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Una stazione fantasma

Se guardiamo lo scorrere della nostra esistenza come lo scorrere di un brano, un'aria o una composizione musicale, possiamo capire ed accogliere delle pause temporanee utili a dare senso e a sostenere l'intera struttura.

Una pausa che non é un interruzione, ma parte integrante della composizione. Un vuoto che non é sterile ma al contrario, vitale. Un silenzio che non é assenza, ma pura presenza.

Senza di questi elementi, l'opera musicale rischierebbe di cedere. Il suo svolgimento si rivelerebbe nervoso, affannato, improbabile. Allo stesso modo, la nostra vita.


Tutte e tutti noi, abbiamo bisogno di agire delle pause, creare spazi tra periodi, situazioni, eventi della nostra esistenza. Abbiamo necessità di considerare l’idea di scendere metaforicamente a delle "fermate", al fine di evitare di finire in chissà quale destinazione, di perderci e confonderci. Accavallando pensieri, smarrendo la "messa a fuoco", rischiando di ostruire quel canale attraverso cui, sentiamo e comprendiamo cosa proviamo.


Decidere e prendere ferma risoluzione a fermarsi, tra un momento e l'altro, tra una situazione e un'altra, ci "accorda" con i nostri tempi e con la nostra interiorità.

Se lasciamo che tutto scorra senza tregua, lasciando che tutto si unisca senza spazi, il nostro suono alla lunga stonerà. Per una vera alternanza, occorre il vuoto.


Le pause sono fondamentali e sono ricche di potenzialità.

Come nella musica, anche nella nostra vita esse possono assumere molteplici accezioni.

Possono dare valore ad un ritmo, prolungare un suono, aumentare il peso di un passaggio.

Vanno agite con consapevolezza e determinazione, per intercettare e sintonizzarci sulla musica che ci viene da dentro.


In Giappone c’è una stazione ferroviaria ‘fantasma’: non si può entrare né uscire, ci si ferma e basta. Eppure non è inutile.


Nel sud del Giappone, lungo il fiume Nishiki, la stazione non ha entrata, uscita né biglietteria. I treni fermano al fianco della banchina, i passeggeri scendono ma non possono andare da nessuna parte e per uscire, devono aspettare il convoglio successivo. Vicino non ci sono attrazioni turistiche, paesi o città, il luogo è quasi disabitato e la stazione potrebbe sembrare del tutto inutile.


Il posto si chiama Seiryu Miharashi Eki, che si traduce come “piattaforma di vista del fiume”, ed è stato pensato con la sola funzione di ricordare l’importanza del fermarsi, sia dal punto di vista fisico che mentale.


I viaggiatori vi sosteranno per ammirare il panorama e per fare una semplice pausa. Un’attività che spesso si dimentica di fare, soprattutto nelle società della fretta, della produttività. Il problema di routine quotidiane troppo frenetiche è sentito in particolare in un Paese “stressato” come il Giappone, dove c’è allarme per le morti a causa di eccessivo lavoro chiamate “karoshi.


Questa realtà così particolare, mi ha subito ammaliato ed ho immediatamente deciso di inaugurare la mia personale "stazione fantasma".

Non occorre infatti costruirla, si tratta solo di immaginare.

Può andar bene qualsiasi luogo, basta chiudere gli occhi ed eccola apparire.

Io personalmente mi ritrovo ad immaginarmi in un luogo per me simbolico. Mi vedo da fuori seduto di fronte alla mia baia del cuore, per poi lentamente entrare nella mia stessa immagine ed iniziare a vedere attraverso di essa. Così, iniziano a crederci tutte le mie cellule e lentamente inizio ad avvertire il calore del sole sulla pelle, l'aria che mi sfiora, ma soprattutto a sentirmi avvolgere da un meraviglioso benessere, di cui avverto una profondità senza fine. E li resto, per quel che mi è possibile.

Questa fermata, a differenza di quella vera in Giappone, la possiamo incontrare in qualsiasi luogo e momento, non c'é il limite di dover prendere quel preciso treno.


Sul treno ci siamo già e siamo noi.

Che viaggiamo sui binari della nostra vita, attraversiamo scenari, situazioni, a volte deragliamo, confondiamo lo scambio, a volte sfrecciamo potenti ed in anticipo.

Accogliamo infiniti passeggeri, li guardiamo scendere, a volte rincorrerci, altre salire e prendere il loro posto. Ma quelle non sono realmente delle "fermate". Sono parte dello scorrere inarrestabile, che noi nella mente etichettiamo come buono o cattivo, giusto o sbagliato, separiamo in un “prima di“e “dopo di”. Ma sono solo fotogrammi.


L' immagine è solo una e le contiene tutte. In lei sono distinte ma non separate.


Quindi, ogni tanto o anche spesso, fermarsi e ricordare di sedersi sul proprio divano a guardare l’ennesima stagione della "serie" più incredibile di tutte, che poi é la tua stessa storia, al di là degli inutili giudizi mentali. Può aiutarti a sintonizzarti sull'emozione di sapere di essere tu, il o la protagonista. Celebrarti e coccolarti un momento, ringraziare e ritornare sul set più impeccabile che mai, consapevole che tutto é immagine, illusione, māiā direbbero gli induisti ed i buddisti.

Consapevole che la dimensione più reale é paradossalmente proprio la “stazione fantasma”. È quel “divano”, su cui puoi tornare tutte le volte che vuoi.



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