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La fede del colibrì

Molto spesso, coloro che vivono la propria esistenza senza sentire e riconoscere la propria responsabilità e riconoscenza nei confronti della vita, degli altri, della natura, degli animali ecc. svalutano ed etichettano chi si adopera in qualsiasi forma di attivismo, come persone ingenue o troppo ottimiste. Questo vale anche per coloro che senza aderire a nessuna realtà organizzata, nel quotidiano agiscono scelte personali precise che possono aver che a che fare con un'etica o "politica".

Il termine "etica" richiama abbastanza spesso a qualcosa di rigido, che fa sentire il suo peso e che sembra non lasciare possibilità di arbitrio. Qualcosa che scende dall'alto e divide in presunti buoni e presunti cattivi.

I riferimenti attraverso cui ci si orienta per definire cosa sia etico e cosa non lo sia, sono mutevoli in quanto sono indotti dalla nostra cultura di appartenenza e sono stati decisi con l'obiettivo del controllo e della nostra governabilità. Ad esempio, gli allevamenti di animali nel nostro sistema sociale, non sono etici solo nel caso in cui non rispettino precise regole - "calate dall'alto"- che devono essere rispettate. Se vengono rispettate, ecco che l'allevamento diventa etico. Per il vegano, non lo sarà comunque.


Le persone che nella Storia hanno cambiato il mondo non erano né ingenue e tanto meno troppo ottimiste. Erano semplicemente mosse da una fede, non in un senso ristrettamente religioso, ma molto più ampio.

Persone che avvertivano come tutte le altre un grande senso di impotenza rispetto alle cose enormi da cambiare, ma che pur sentendolo hanno deciso di non credergli. Convincendosi, che con il tempo necessario, il loro impegno avrebbe potuto fare la differenza.

Quando molti anni fa, ho fatto l'obiettore di coscienza, ho prestato servizio presso il M.I.R.

Movimento Internazionale di Riconciliazione. Lì dopo un percorso di formazione all'Educazione alla Pace, andavo nelle scuole per parlare e fare attività con le classi. Solitamente, in scuole medie e superiori di periferia. Dove più spesso si misurano situazioni violente, conflittuali e delicate, nei rapporti di gruppo.

La formazione che mi è stata fatta, consisteva in incontri all'interno dei quali si studiava la non-violenza utilizzando esempi storici ed analisi delle strategie. Ma anche incontri dove si praticavano le attività che si sarebbero andati a fare nelle classi, in prima persona. Attività ludiche e non.


In quell'esperienza ho capito che sognare di poter cambiare il mondo, é l'immagine più potente che l'essere umano possa sviluppare. E che questa, esattamente come in un camera oscura, con i tempi necessari, si sviluppa e manifesta sulla carta fotografica, nel mondo si sviluppa e manifesta nella realtà. Per analogia della Creazione.


Nel periodo storico in cui, se nascevi con la pelle scura eri per Legge schiavo, le donne e gli uomini che hanno iniziato ad immaginare di cambiare lo stato delle cose, hanno saputo creare una nuova realtà. L'attivismo serve proprio a mettere insieme l'energie per dare vita a nuova realtà, che si produce innanzitutto come immagine interiore per poi lentamente materializzarsi. Non è detto che si sarà ancora vivi in quel momento. Ma all'attivista questo poco importa. Il punto é fare la propria parte. Accettare che il cambiamento abbia bisogno di tempo ed eventi non governabili per manifestarsi e nel frattempo, vivere in equilibrio e saldi rispetto alla propria fede.


Un'antica favola africana racconta del giorno in cui scoppiò un grande incendio nella foresta.

Tutti gli animali abbandonarono le loro tane e scapparono spaventati.

Mentre fuggiva veloce come un lampo, il leone vide un colibrí che stava volando nella direzione opposta.

«Dove credi di andare? - chiese il Re della Foresta - C'è un incendio, dobbiamo scappare!»

Il colibrí rispose: « Vado al lago, per raccogliere acqua nel becco da buttare sull'incendio».

Il leone sbottò: «Sei impazzito? Non crederai di poter spegnere un incendio gigantesco con quattro gocce d'acqua!?»

Al che, il colibrí concluse: «Io faccio la mia parte».


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